Cronaca

I veri motivi della sospensione di Giletti

Il programma “Non è l’Arena” condotto da Massimo Giletti su La7 è stato sospeso dal publisher Urbano Cairo. Tuttavia, non ha spiegato le ragioni: “Non posso rispondere. Tuttavia, abbiamo rilasciato una dichiarazione e non ho niente da aggiungere. Non riesco a parlarne questa sera”, ha detto al Fatto Quotidiano. Anche il conduttore non ha voluto dire molto, limitandosi a smentire le voci di una ricerca da parte della Direzione investigativa antimafia. Ma l’ipotesi di un incidente sulle storie di mafia continua a circolare in queste ore. In particolare, l’attenzione si concentra su Matteo Messina Denaro e Salvatore Baiardo. Ed è proprio l’ex uomo dei gelati amico dei fratelli Graviano a entrare in scena. Prima con un video in cui annuncia un nuovo libro e il suo passaggio a Mediaset. E poi con un articolo di Domani in cui si dice che è stato il suo “scoop” a chiudere lo show. Confermando di aver ricevuto regolarmente fatture per le apparizioni. Mentre Repubblica parla di 48 mila euro parzialmente “in nero”.

Fatture regolarmente fatturate
In realtà, tutto ha inizio con la “profezia” su Messina Denaro. Baiardo ipotizza prima del suo arresto che l’Ultimo dei Corleonesi sia malato. E che sta per morire. Questo non è niente di nuovo: i rapporti degli investigatori si occupavano da tempo della salute di ‘U Siccu. Supponendo anche gravi malattie, ma non il cancro al colon. Il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia gli risponde (e ad altri) parlando di “terrestri dell’Antimafia”. Ma i pubblici ministeri di Firenze che indagano sulle stragi del 1993 ascoltano Giletti come testimone. E chiedono anche a Baiardo di parlare del suo incontro con Paolo Berlusconi a Milano dopo l’arresto dei Gravianos. Mentre l’ultimo dei Corleonesi lo nega sulla sua malattia: “avrà indovinato”. Ora, scrive Domani, si parla di sue apparizioni di nuovo su La7. E delle tasse “regolarmente fatturate”, come confermato dalla produzione del programma.


L’ipotetica inchiesta sui 48 mila euro “in nero”
La Repubblica, d’altra parte, parla di un’indagine aperta a Firenze sulla remunerazione ricevuta dal programma e sulle sue dichiarazioni. Si parla di almeno 48 mila euro e, scrive il giornale, una parte dei quali viene pagata “in nero”. La questione è stata affrontata ieri da Giletti, quando il conduttore ha detto che “è falso che ho pagato Baiardo personalmente”, ammettendo – e spiegando che si tratta di un trattamento riservato a tutti – il pagamento della produzione per gli ospiti. Certamente Freemantle, la casa di produzione di Non è l’Arena, ha pagato Baiardo con un credito bancario e una fattura. Domani aggiunge che Giletti avrebbe detto ai pubblici ministeri di Firenze che Baiardo gli avrebbe mostrato le foto dell’incontro tra Berlusconi, i fratelli Graviano e il generale Delfino. L’ex uomo dei gelati nega tutto: “Anche a me hanno perquisito ma i giudici non hanno trovato nulla”.

Ricerche e indagini (smentite)
Ieri Baiardo ha annunciato il suo nuovo libro e il suo arrivo a Mediaset quando il caso Giletti doveva ancora scoppiare. In un video successivo, dice che sulla sospensione del programma aveva “aspettato tutto. Anche la Rai non gli darà il contratto”. La procura di Firenze smentisce ricerche e indagini su “Non è l’Arena”. Marco Lillo spiega sul fatto che Giletti è stato sentito dai pubblici ministeri di Firenze due volte. Il 19 dicembre e il 23 febbraio di quest’anno. Qualche mese fa il suo livello di protezione è stato elevato. Nell’episodio di lunedì prossimo si sarebbe quindi dovuto occupare di Antonio D’Alì, ex sottosegretario di Forza Italia. Condannato definitivamente per associazione mafiosa. D’Alì appartiene a una famiglia che aveva la maggior parte delle proprietà terriere in Sicilia a Castelvetrano. E tra i suoi campieri (cioè coloro che organizzavano il lavoro dei contadini) prima Francesco Messina Denaro e poi suo figlio Matteo si sono alternati.


Marcello Dell’Utri
Il Fatto Quotidiano sostiene anche che Giletti avrebbe voluto costruire altri programmi sul ruolo di Marcello Dell’Utri. Anche il manager storico di Berlusconi è stato condannato per associazione mafiosa. Secondo il giornalista, l’ipotesi di accusa (ancora da dimostrare) relativa alle stragi del 1993 è un tabù in TV. Giletti voleva rompere il tabù. Lavorando anche sulle valutazioni sui primi capitali di Fininvest. Ma il giornale di Travaglio dà anche spazio ad altre ipotesi sulla chiusura del programma. La prima è la insoddisfazione degli inserzionisti con la quota, combinata con i costi di trasmissione. Auditel, tuttavia, ha certificato una media tra il 4,8% e il 5%: numeri che secondo Giletti non sono negativi. Poi c’è la negoziazione con Rai. Che sarebbe intrecciata con quella con Fabio Fazio. Che si trasferirebbe in Discovery, lasciando libero spazio per Giletti nella programmazione televisiva pubblica.

Inserzionisti, transizione alla Rai, l’ira di Cairo
Anche La Stampa parte da questa ipotesi. E sostiene che proprio i contatti con la televisione pubblica hanno mandato Cairo su tutte le furie. Che, sapendo che dal prossimo anno Giletti tornerà a Viale Mazzini, avrebbe accelerato la transizione sospendendo la trasmissione. Come quei presidenti di club di calcio che esentano gli allenatori o mettono i giocatori fuori rosa. Un’ipotesi poco credibile in assenza di altre prove. Se non altro perché in questo modo l’editore si spara al piede. E si mette in cattiva luce sia con il pubblico che con gli altri conduttori.

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